Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Indigofera tinctoria L., 1753 è un arbusto della famiglia delle Fabacee (o Leguminose)[1].
Dalla fermentazione delle sue foglie si ottiene l'indaco, colorante di origine vegetale.
La storia di questa pianta risulta essere molto antica; già nel 2000 a.C. gli Egizie i popoli dell'Asia iniziarono ad utilizzarla per tingere gli indumenti.[2]
Gli anni passavano e gli uomini cominciavano anche a scoprire utilizzi differenti. Nel Medioevo, infatti, questo pigmento veniva utilizzato dagli Europei nel campo della cosmetica, della medicina e dell'arte.
Il commercio di questa pianta risultava molto propizio per gli Asiatici fino allo sbarco di Vasco da Gama a Calicut. Da quel momento in poi gli Europei poterono importarla senza necessariamente intermediare con i mercati asiatici a prezzi più convenienti[3]; eppure la sua produzione continuò anche sotto il dominio inglese dell'India[4].
L'Indigofera tinctoria è una pianta che ben si adatta ai vari climi tropicali, cresce spontaneamente in Africa, in Oceaniae in gran parte del Sud-est asiatico. È inoltre stata introdotta artificialmente in altre parti dell'Asia e nei Caraibi, creando un impatto ambientale a causa dell'abbondante riproduzione di questa al di fuori delle coltivazioni.[5]
All'interno delle foglie di Indigofera tinctoria sono state isolate varie sostanze chimiche come flavonoidi, terpenoidi, alcaloidi e tannini[6].
La sostanza presente nella pianta e più utile a creare il pigmento finale è però l'indicano, un glicoside che idrolizza in indossile e glucosio per azione di enzimi vegetali e soluzioni chimiche; l'indossile per azione dell'ossigeno atmosferico si trasforma quindi in indigotina (o indaco), la cui struttura contiene due gruppi indolici.[7]
È stata inoltre estratta una sostanza, l'indirubina, che ha dimostrato una blanda azione antitumorale[8] ed è colorata di rosso.
Oltre a fornire l'indaco, l'Indigofera tinctoria sembra avere diversi effetti curativi[9][10] e viene utilizzata in alcune tinte per capelli.
L'Indigofera non contiene direttamente il pigmento, motivo per cui deve essere ricavato per mezzo di un lungo e complesso procedimento, il quale prevede una reazione di ossidoriduzione.
- Fermentazione delle foglie e dei fusti in una soluzione basica riducente (da cui l'ossigeno deve essere rimosso) per ottenere la cosiddetta forma "leuco".
- Ossidazione dell'indossile ottenuto dalla fase precedente tramite esposizione all'aria. Da questo processo si otterrà l'indaco, pigmento insolubile in acqua.
- L'indaco si deposita quindi sul fondo del recipiente utilizzato.
- Viene riscaldato l'indaco per far evaporare completamente l'acqua.